I protagonisti

Se è vero che le “radici sono ali”, prendendo in prestito le parole del Sardus Pater Giovanni Lilliu, l’esperienza editoriale di Sa Republica Sarda è stata sospinta da ali e radici forti, capaci di tendere verso l’alto, fino a maturare uno dei progetti giornalistici più aggregativi e coraggiosi nella propagazione collettiva del sentimento identitario sardo. Riproporne oggi un tracciato biografico, attraverso un viaggio fra i nomi che hanno animato e vissuto il periodico fondato da Gianfranco Pinna nel 1977, è senza dubbio un’operazione di raccolta che in tanti attendevano: la testimonianza documentata di un impegno concreto per l’affermazione di un esito storico, l’indipendenza, fino ad ora negato e osteggiato.
La disponibilità alla conoscenza, le stratificazioni del sapere, lo studio del passato, sono tutte premesse che hanno caratterizzato il pensiero libero di Sa Republica, eppure, a distanza di molti anni, il sentiero che conduce all’autodeterminazione del popolo sardo sembra essere ancora lontano. L’avversione, però, non nasce soltanto da chi ha reso i sardi e la Sardegna subalterni a dei modelli politici, economici e culturali distonici rispetto alle oggettive vocazioni della nostra Isola, bensì anche da parte di chi, espressione della comunità, ha comunque incarnato, consapevolmente o inconsapevolmente, il paradigma della subalternità, arrendendosi alla sottrazione del proprio “chi è chi” e del proprio essere collettivo.
Si sa, lentamente il sonno del popolo diventa oblio, contrarietà, svendita, e talvolta è più pericoloso della coercizione del dominatore. Ecco perché il bisogno di una voce indipendente come Sa Republica Sarda: perché ha rappresentato un soggetto di informazione capace di occuparsi dei sardi e del risveglio di una coscienza civile, ancor più in anni in cui l’assedio del dominatore era di tipo strutturale, fisico, non solo culturale, e dove la terra e la sua gente erano soprattutto manodopera per l’industria, risorse da sfruttare, saccheggio paesaggistico e depositi militari.
Sa Republica Sarda è stato questo, è stato il contraltare, l’antitesi, l’analisi attorno ai confini, la cultura della diversità opposta all’epidemia dell’uniformità. Ma più di tutto è stata una scuola di informazione documentata, dove hanno gravitato e partecipato gli autori più rappresentativi del pensiero libero identitario.
Nelle pagine che seguono rivivremo la vita e le opere di chi ha reso grande questo progetto, e scopriremo che in questa larga famiglia dell’identità ci sono stati scrittori, intellettuali, giornalisti, politici, accademici, insegnanti, uomini e donne che hanno dedicato tutta la loro vita al riscatto culturale della Sardegna e al tema delle minoranze, talvolta in modo radicale e senza compromessi. Rileggere oggi le loro biografie, il coraggio delle loro azioni, ci fa sentire meno soli in quest’epoca che sembra voler spegnere del tutto il grande sogno dell’indipendenza. Ma ci serve anche a confrontarci con chi, soggiogato dal pensiero dominante, rifiuta, da sardo o da sarda, di riconoscere il filo storico della propria appartenenza.
Battersi per un processo di autodeterminazione non significa infatti escludersi dal mondo, ma al contrario entrare nel mondo portando un contributo del proprio se collettivo. E non solo: significa anche riscrivere il tradizionale rapporto centro-periferia capovolgendo la verticalità del potere con la reciprocità, la vicendevolezza, lo scambio.
Non è il nazionalismo inteso in senso contemporaneo il sentimento che anima la spinta indipendentista, ma piuttosto il diritto di distinguersi da altre forme statuali sulla base di specifiche connotazioni storiche, geografiche e culturali. Detto altrimenti, il netto rifiuto che la Sardegna debba continuare ad essere l’avamposto di interessi esogeni al popolo sardo e alla sua crescita.
Questa raccolta, dunque, ci restituisce l’io narrante della nostra Isola indipendentista, e lo fa attraverso la vita dei trenta autori ai quali è dedicata: trenta penne che hanno fatto grande il progetto editoriale di Sa Republica Sarda, spesso con posizioni antesignane rispetto ai tempi e quasi sempre con idee mosse dall’incrollabile esercizio della militanza.
Quando il numero zero del giornale venne dato alle stampe fu il naturale risultato di oltre due anni di confronti e dibattiti, un’analisi sul territorio che Gianfranco Pinna, già fondatore della casa editrice Alfa Editrice, ebbe modo di promuovere un po’ in tutta l’Isola, a Cagliari, a Sassari, a Nuoro e in Gallura. La coralità, il coinvolgimento evidenziavano la volontà di mettere insieme energie, contributi, percorsi comuni.
Inizialmente la prima testata che uscì fu Sardigna, con sede a San Sperate, e con direttore responsabile Gianfranco Pintore. Tuttavia, dopo tre mesi e alcuni numeri pubblicati, la collaborazione tra Pintore e Alfa Editrice volse al termine e Gianfranco Pinna nel 1977 fondò la nuova e definitiva testata, Sa Republica Sarda, periodico bilingue a diffusione regionale, con un primo editoriale che dichiarava senza esitazioni tutto lo spirito e la proiezione dell’iniziativa: Su titulu est nou, ma s’dea est antiga. E poi: Est s’idea de sa libertade ad onzi oprimidura e contra a onzi isfrutamentu.
Fin dall’inizio il giornale diede grande spazio alla storia, alla lingua, alle lotte delle nazioni senza stato, alla vertenza del lavoro, all’emigrazione, alle lotte per l’ambiente. Ventiquattro pagine formato tabloid con una tiratura di mille copie, e non senza difficoltà per la messa in stampa. In Sardegna, infatti, chi possedeva le rotative erano solo i grandi quotidiani, dunque, stampare su macchina piana in altre tipografie era molto costoso. Chi consentì l’uscita del giornale fu quindi la testata TUTTOQUOTIDIANO, allora in autogestione.
Altro discorso, invece, ha riguardato la sostenibilità economica. Il giornale non riceveva contributi, ma si reggeva unicamente attraverso la raccolta pubblicitaria di privati, motivo per cui non si riusciva sempre a rispettare la cadenza mensile, anche se questa non era la sola ragione del ritardo: Sa Republica Sarda, infatti, era mossa da quella peculiare linea politica di controinformazione che rompeva gli schemi e quindi molto spesso venivano messe in atto azioni di sabotaggio nel tentativo di far chiudere il giornale.
La resistenza del progetto però è andata oltre. Una resistenza fatta di qualità e libertà di informazione, dove le grandi firme hanno certamente fatto la differenza. Tra le più importanti possiamo ricordare Giulio Angioni, Gustavo Buratti, Angelo Caria, Carlo Cassola, Paolo Pillonca, Bachisio Bandinu, Bettino Craxi, Fabrizio De André, Ugo Dessy, Placido Cherchi, Michele Columbu, Gianfranco Contu, Armandino Corona, Giannino Guiso, Giovanni Lilliu, Francesco Masala, Mauro Mellini, Fernando Pilia, Antonello Satta, Eliseo Spiga, Alessandro Pizzorusso, Sergio Salvi, Luigi Lombardi Satriani e tanti, tanti altri ancora.
Oggi Sa Republica Sarda è diventato anche un contenitore web, una raccolta online di tutte le edizioni che hanno cadenzato questo lungo cammino editoriale. Per chi, dunque, volesse inoltrarsi nello studio e nell’analisi del grande sogno identitario, questo libro, e così pure il corrispondente sito internet, rappresentano a tutti gli effetti degli strumenti di conoscenza preziosissimi per avvicinarsi ai temi dell’autodeterminazione. Più apertamente, la prima memoria biografica sulla storia del giornalismo indipendentista. Un atto di amore per le nuove generazioni, per chi ancora non sa, o per chi è stato protagonista di questa incompiuta rivoluzione.

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