Gianfranco Pinna (Sassari, 14.01.1944 – Cagliari, 26.04.2003) è stato un giornalista, scrittore, editore e politico sardo. È stato il fondatore della prestigiosa Alfa Editrice nel lontano 1976 e contemporaneamente dei periodici bilingue Sa Republica Sarda e SARDINNA che animarono il dibattito culturale e politico in Sardegna ad iniziare dalla seconda metà degli anni settanta del secolo scorso, con particolare riferimento ai temi identitari sardi. In quegli anni infatti Gianfranco Pinna riunì i migliori intellettuali di area nazionalitaria di ispirazione sardista e neosardista con il fine ben riuscito di creare un dibattito ed una sensibilità sempre più legata all’amore per la Sardegna e per i sardi. In ciascuna di queste attività seppe conquistarsi un largo pubblico di lettori appassionati.

Biografia. Gianfranco Pinna nasce a Sassari il 14 gennaio del 1944. Trascorre l’infanzia in città e poi si iscrive al liceo classico Canopoleno, ma porta a termine lo stesso a Roma e successivamente si iscrive alla Facoltà di Medicina all’Università di Sassari. La città di Sassari di quel periodo è un pullulare di iniziative sia culturali che politiche, un vero e proprio laboratorio di idee. Gianfranco partecipa così attivamente alle attività culturali e politiche di quel periodo. A pochi esami dalla laurea in Medicina abbandona gli studi universitari e inizia la militanza nelle aree politiche della Sinistra. Contemporaneamente si imbatte in Antonio Simon Mossa architetto algherese padre del neosardismo. Da quel momento in poi Gianfranco Pinna inizia a frequentare il mondo dell’indipendentismo sardo. Sono gli anni in cui fa conoscenza a Sassari del neosardista Giampiero Marras-Meloni noto Zampa che era figlioccio di Antonio Simon Mossa. La Sardegna degli anni sessanta, settanta e primi anni ottanta del secolo appena trascorso è un’Isola che attraversa una veloce fase di cambiamenti epocali in campo economico-sociale e poi anche culturale. Da Isola povera e di periferia la Sardegna viene di botto proiettata nei mercati internazionali legati soprattutto all’industria chimica e petrol-chimica. A partire dagli anni sessanta del secolo appena trascorso la Sardegna fu oggetto di politiche industriali volte a migliorarne le condizioni economiche, almeno nelle intenzioni dei proponenti che avrebbero poi portato al varo delle due leggi sul cosiddetto Piano di Rinascita. La prima legge che diede avvio a questo processo fu la L. n° 588/1962 con un primo finanziamento e successivamente si prese poi la decisione di un ulteriore rifinanziamento con una nuova L. n° 268/1974.

Gianfranco Pinna è pienamente cosciente di questi processi e la sua attività di intellettuale è inserita nel contesto storico negli anni settanta del secolo scorso. E’ un periodo fecondo di analisi politiche e sociali sulla Sardegna, un pullulare di iniziative politiche sia dentro che fuori il cosiddetto sardismo ufficiale e nelle aree della sinistra extra-parlamentare che strizzavano l’occhio alle istanze di autodeterminazione dei sardi e dell’autonomia regionale. Si inizia a tirare le somme sui due piani di rinascita che hanno rappresentato il processo di industrializzazione selvaggia della nostra Isola. Le basi dell’industrializzazione della Sardegna erano state gettate già negli anni cinquanta quando si iniziava ad avvertire le prime avvisaglie della crisi delle miniere di carbone del bacino minerario del Sulcis-Iglesiente, crisi sulla quale ci sarebbe tanto dà dire e dà discutere.

Erano anni drammatici, se la penisola italiana si avviava ad un periodo di boom economico, viceversa per la Sardegna si doveva decidere di uniformare la fragile economia sarda a quella italiana, europea e mondiale per far uscire l’Isola dal secolare stato di “arretratezza”. La regia di questi processi di cambiamento fu dunque affidata ai principali partiti italiani rappresentati all’epoca nel consiglio regionale della Sardegna, cattolici, liberali e sinistre trovarono un punto di sintesi, partiti dietro i quali si celavano interessi politici ed economici di varia natura non senza conseguenze nefaste nel panorama politico, economico e sociale di un’Isola già debole politicamente ed economicamente. Dà non trascurare il fatto che in quegli anni ampie porzioni di territorio della Sardegna venivano o erano già state sottratte all’agricoltura, all’allevamento ed al turismo per essere destinate ad uso militare, i cosiddetti poligoni interforze ad uso delle forze militari italiane e NATO. La “diaspora“ sarda inizia ad assumere proporzioni catastrofiche da un punto di vista demografico e si credete che l’industrializzazione della Sardegna avrebbe a medio e lungo termine fermato o almeno rallentato l’emorragia di popolazione verso il triangolo industriale del Nord Italia, dell’Europa centrale e nei paesi del sud America. Tra gli anni sessanta e gli anni settanta si assiste progressivamente allo sbarco nell’Isola dei magnati dell’industria del turismo, ad esempio il principe Karim Aga Khan e dell’industria pesante, ad esempio l’ingegner Nino Rovelli.

In sostanza si era deciso di convertire l’economia sarda, all’epoca basata su un’agricoltura e su un allevamento arretrati, in una moderna economia capitalista avanzata e basata sull’industria pesante avente come base il settore chimico e petrolchimico. La prima conseguenza fu quella di trasformare i contadini e i pastori sardi in operai salariati e sindacalizzati a tutto vantaggio di potentati politici e sindacali clientelari. Un capovolgimento sociale ed antropologico che nel giro di un ventennio trasformò radicalmente l’Isola in una società di massa con una netta contrapposizione tra le città costiere ad economia avanzata e i paesi e villaggi rurali dall’altra con un’economia di sussistenza che li vedeva esclusi dai vantaggi della modernità. E’, se vogliamo, anche il periodo che dà avvio al processo di spopolamento delle aree rurali interne, un processo di spostamento della popolazione sarda dalle montagne verso le città costiere o i conglomerati urbani a vocazione industriale.

L’operazione ebbe un costo enorme, significava investire ingenti risorse finanziarie statali per dotare la Sardegna di poli e grandi impianti industriali (Macchiareddu, Porto Torres, Sarroch e Ottana) operazione che sarebbe stata ovviamente accompagnata anche da un processo di scolarizzazione di massa rigorosamente in lingua italiana che nel breve e medio termine avrebbe prodotto quel processo di italianizzazione linguistica forzata di centinaia di migliaia di sardi che fino alla seconda metà degli anni sessanta erano nati e allevati rigorosamente in lingua sarda, si passò dunque dal proibizionismo fascista a quello capitalista-neoliberista. Di fatto i magnati dell’industria turistica, chimica e petrolchimica non sapevano che farsene dei sardi che si esprimevano solo ed esclusivamente in lingua sarda e/o in un italiano stentato. L’industria pretendeva operai e tecnici specializzati che sapessero esprimersi rigorosamente solo in lingua italiana. Sono gli anni in cui si tratta la lingua sarda ancora come un dialetto dell’italiano e persino, con un certo fastidio, come un dialetto al tempo stesso rozzo, inutile, arretrato, pericoloso e sovversivo, nascevano infatti in quegli anni le prime cosiddette istanze separatiste elaborate dall’architetto ed intellettuale algherese Antoni Simon Mossa (1916 – 1971) e le indagini antropologiche di Michelangelo Pira (1928 – 1980) volte e mettere in evidenza la regressione progressiva e quasi inarrestabile dell’utilizzo della lingua sarda. Pinna partecipa al dibattito riguardo i vantaggi virtuali e gli svantaggi reali di questo processo di radicale trasformazione dell’economia e della società isolana. Si assistete progressivamente al fallimento dei poli industriali. Industrie che spuntavano sul suolo sardo paradossalmente già vecchie e obsolete negli anni sessanta, pagate dallo stato come se fossero nuove di zecca e che per l’alto tasso di inquinamento prodotto erano state osteggiate e rifiutate in ogni parte d’Italia, vennero impiantate in aree vergini della Sardegna con la pretesa che avrebbero rappresentato il cambiamento tanto atteso e la panacea a tutti i mali economici e sociali dell’Isola. Anche da un punto di vista ideologico, onde convincere i sardi più scettici, si giunse persino a identificare pastori con banditi e a cercare di diffamare la società agro-pastorale che tutto sommato, nonostante la crociata della quale fu vittima, ha resistito all’ondata dell’industrializzazione. Il fallimento dei piani di rinascita lasciò sul terreno un cumulo di macerie: i pastori che si erano venduti il gregge e i contadini che cedettero le proprie terre per fare gli operai in fabbrica, si trovarono di colpo senza un lavoro e dovettero ben presto prendere la via dell’emigrazione forzata. Si calcola che tra gli anni sessanta del secolo scorso ed oggi i sardi scappati dall’Isola per ragioni di lavoro siano stati non meno di settecento cinquanta mila. Le aree dismesse e le attuali aree ancora gravate da servitù industriali sono fra le più inquinate d’Italia e d’Europa con alti tassi di patologie fra la popolazione che annoverano leucemie e tumori. E appunto in quel periodo che vennero coniate le celebri  e al tempo stesso tristi espressioni: «cattedrali nel deserto» e «dio petrolio».

A questo punto Pinna si circonda delle menti migliori di quel periodo e si profila per lui l’esordio nel mondo dell’editoria con lo scopo di creare una coscienza nazionale sarda e soprattutto indipendentista. Lo affiancano Michele Columbu, Francesco Masala, Ugo Dessy, Eliseo Spiga. E ancora: Gianfranco Contu, Giovanni Lilliu, Armandino Corona, Giannino Guiso, Mauro Mellini. O i rimpianti: Antonello Satta, Angelo Caria, Fabrizio De André, Fernando Pilia, Bettino Craxi, Carlo Cassola. Economia, società, storia e Lìngua Sarda sono le tematiche maggiormente trattate e che presto troveranno uno sbocco sia nell’Alfa Editrice che nei periodici che lo stesso Pinna farà pubblicare.

Nel 1976 Pinna fonda Alfa Editrice, vale a dire la prima casa editrice che pubblicherà opere a carattere identitario sia in lingua italiana che in lingua sarda o in formato bilingue. Contemporaneamente Pinna dà avvio a due progetti editoriali importantissimi: Sa Republica Sarda e Sardinna. A partire dagli anni novanta del secolo passato, nonostante le difficoltà dovute alla rivoluzione digitale con la comparsa del web, Pinna continua con determinazione a mandare avanti Alfa Editrice e i due periodici poca’anzi citati fino alla sua prematura scomparsa avvenuta il 26 aprile del 2003 a seguito delle complicazioni di un male incurabile.

Iniziative politiche. Gianfranco è promotore di numerose iniziative: il 14 febbraio del 1982 a Bauladu presso il centro-sociale si tenne una riunione di tutte le organizzazioni politiche, culturali, anticolonialiste, nazionalitarie e indipendentiste operanti nell’isola promossa da Gianfranco Pinna, direttore del periodico Sa Republica Sarda, da Giampiero Marras direttore del centro- culturale S’Iscola sarda e da una frangia di irriducibili del disciolto Movimento politico anticolonialista Su Populu sardu guidati da Angelo Caria, Bore Ventroni e Marilena Denti. Alla riunione oltre alle suddette organizzazioni politico-culturali, erano presenti Sardinya i Llibertat di Alghero, il Frùntene pro s’Indipendhéntzia de sa Sardinya FIS con il suo segretario Bainzu Piliu, Sa bardana, Su Comitadu Nassionalista sardu di Sassari e i direttori e i redattori del periodico Ajò! di Torino e Sardigna emigrada di Roma diretto da Franciscu Carlini e Identidade e cultura di Cagliari. Nel corso dell’incontro le varie Organizzazioni Anticolonialiste – dopo aver analizzato attentamente e approfonditamente la sempre più marcata oppressione coloniale e nazionale operata dallo Stato italiano ai danni del Popolo sardo – avendo verificato l’esistenza tra di esse di un ampio terreno d’intesa politica, tattica e strategica, decisero di tenere una serie di incontri al fine di consolidare e sviluppare l’unità esistente con concrete iniziative di intervento politico e di unificare le proprie capacità d’intervento con la creazione di una nuova forza politica denominata Sardinna e Libertade – Unione Nassionalista Sarda. Infine in chiusura dei lavori, le diverse organizzazioni politiche, si impegnarono a indire entro tre mesi dalla data dell’incontro un Convegno Costituente della nuova organizzazione politica. Il 16 maggio di quello stesso anno (1982), nei locali della Biblioteca Satta di Nuoro – promosso da Angelo Caria, Gianfranco Pinna e Bore Ventroni e alla presenza di quasi tutti i movimenti anticolonialisti e indipendentisti dell’isola, nacque il Movimento politico “Sardinna e Libertade. A presiedere l’Assemblea del Congresso costitutivo di tale Movimento vennero chiamati il cantautore Fabrizio De André, lo scrittore Ugo Dessy e Simone de Beauvoir (compagna dell’intellettuale francese J.P. Sartre), che all’ultimo momento, impossibilitata a partecipare, inviò un lungo telegramma che venne letto in apertura dei lavori. Il 27 luglio di quello stesso anno (1982) Sardinna e Libertade promosse a Cagliari, in favore di Salvatore Meloni, detenuto da diversi mesi in una cella di isolamento nel carcere di “Buoncammino, dove le sue condizioni di salute si erano molto aggravate in conseguenza di uno sciopero della fame, che aveva deciso di intraprendere ad oltranza e che si stava protraendo da più di un mese, una grande manifestazione popolare contro la persecuzione degli anticolonialisti e la repressione delle idee indipendentiste. Il 24 ottobre del 1982 in Cagliari, nei locali dell’Enalc Hotel, al termine di una nuova manifestazione popolare organizzata da Sardinna e Libertade, a seguito dell’affissione in tutta l’isola di manifesti sui quali campeggiava una frase di Salvatore Meloni “La libertà di un popolo vale più della mia vita”, si svolse sotto la presidenza di Sebastiano Dessanay, Ugo Dessy e Gianni Massa un appassionato dibattito nel corso del quale l’assemblea, dopo aver dato mandato a Ugo Dessy di promuovere una raccolta di firme a sostegno del Meloni e dei familiari degli indipendentisti in carcere rivolse un pressante invito alla moglie di Meloni perché convincesse il marito a desistere dallo sciopero della fame. Il 2 dicembre di quello stesso anno (1982) Sardinna e Libertade organizzò in tutti e quattro i capoluoghi di provincia dell’isola una grande manifestazione unitaria di tutti i movimenti nazionalitari Indipendentisti e Anticolonialisti cui aderirono anche Democrazia Proletaria Sarda e il Partito Radicale. Il 3 dicembre del 1982 con un blitz congiunto di carabinieri e polizia, furono arrestati per il cosiddetto “complotto separatista” numerosi indipendentisti tra cui Bainzu Piliu e Oreste Pili. L’11 dicembre viene organizzata a Cagliari promossa da Sardinna e Libertade una nuova manifestazione con la partecipazione di oltre 200 indipendentisti sardi provenienti da tutta l’isola. Con partenza da Piazza Jenne il corteo attraversò la città di Cagliari fino a raggiungere il Palazzo di Giustizia in Piazza Repubblica. La manifestazione fu promossa per protestare contro l’inchiesta giudiziaria per il presunto “complotto separatista”. Alla manifestazione parteciparono i figli di Bainzu Piliu e i familiari di Salvatore Meloni. Il 7 gennaio del 1983 un’altra manifestazione venne promossa a Sassari avendo la Questura vietato il previsto sit-in di protesta previsto dal FIS in sostegno a Bainzu Piliu. Nel gennaio del 1984 ad iniziativa di Gianfranco Pinna, di Salvatore Meloni e di Lorenzo Pusceddu nacque il PARIS (Partidu Indipedentista Sardu) che adottò come simbolo l’albero sradicato d’Arborea.

Negli anni ’90 scoppia l’inchiesta «Mani Pulite» e il segretario socialista Bettino Craxi è il leader politico più in vista ad essere coinvolto nell’inchiesta. Gianfranco Pinna da Sa Republica Sarda critica l’operato della magistratura. Il caso-Craxi era per Gianfranco Pinna il caso simbolo di un uso spregiudicato e persecutorio della giustizia. Nel febbraio 1997 Gianfranco Pinna fonda i Comitati pro Craxi. Successivamente Gianfranco Pinna insieme a Tiziana Parenti e Luca Josi fonda la Lega per la democrazia, l’obiettivo era quello di denunciare i caratteri fatiscenti della Seconda repubblica, ristabilire la verità dei fatti, informare e contro-informare sulla reale condizione delle vicende politiche, degli uomini e delle molteplici realtà. Infine gli ultimi anni di vita sono spesi da parte del Pinna a migliorare ulteriormente e consolidare l’azienda di famiglia.

Eredità culturale. Gli ultimi anni di vita sono spesi da parte del Pinna a migliorare ulteriormente e consolidare l’azienda di famiglia. L’attività editoriale di Gianfranco Pinna oggi è mandata avanti dalla moglie Maria e dalla figlia Alessandra. Pertanto, grazie ai vantaggi delle nuove tecnologie digitali, soprattutto Internet, oggi Alfa Editrice e i periodici Sa Republica Sarda e Sardinna sono ovviamente presenti anche online. Recentemente la casa editrice fondata dal Pinna si avvia a diventare uno dei più importanti punti di riferimento per la cultura sarda.

Sardinna ricorda Gianfranco Pinna nel primo anniversario della sua morte.

Gianfranco Pinna è morto a soli 59 anni.  Se n’è andato in silenzio, con quella discrezione che lo caratterizzava.  Pochi, infatti, sapevano che fosse ricoverato e pochissimi sapevano della sua battaglia silenziosa.  Sembrava che potesse farcela.  Stavolta invece la battaglia è andata persa.

Era un giornalista e un editore di eccezionale tempra, ma questo non era il suo unico tratto distintivo: stile efficace, caparbia sagacia nello scrivere e onestà intellettuale contrassegnavano la sua personalità.  Tuttavia, sopra ogni altra cosa, Gianfranco Pinna, era un attivista politico, ribelle e libertario.

Poco amato, quindi, dagli avversari ideologici e soprattutto detestato dai potenti.  Non potevano perdonargli che lui fosse riuscito in un’impresa improba là dove molti avevano miseramente fallito, nella tenacia e nell’inconsumabile volontà di appassionare, coinvolgere e polemizzare anche a caro costo.

“Non lasciarsi abbattere, qualunque cosa succeda…  L’importante è continuare, andare avanti, imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a combattere…”.

Ecco, se si può riassumere in queste poche righe, parafrasando Pasolini, ciò che ha animato Gianfranco Pinna in questi anni.

E anche il giorno prima della sua morte mi disse: “Non preoccuparti, non è niente, ancora due giorni…  finisco le cure e poi attacchiamo con il lavoro…  ci sono tante cose da fare, tante cose da dire…”.

Quel male terribile aveva colpito il corpo ma non lo spirito: mai una volta l’ho visto rassegnato e abbattuto.  Era l’ennesima lotta, che andava combattuta con forza e tenacia.

Le iniziative che aveva in mente, le battaglie che intendeva affrontare sono state la linfa che fino all’ultimo lo hanno alimentato.

Idee, sogni e utopie.  Sempre consapevole che bisognava operare sulla nostra inconsapevolezza.  Perché, diceva, le idee, i sogni e le utopie smuovono il mondo e il suo era condurre un ideale politico per l’affermazione delle libertà e dei diritti civili.

Il lavoro per lui era missione, condotta con impegno ardente e instancabile.

“Fu un artigiano del giornalismo: metteva insieme le firme più illustri, gli argomenti più scottanti e innescava dibattiti attorno ai quali si sono poi realizzati programmi politici”, come ha rimarcato Antonangelo Liori.

Protagonista da sempre della querelle politico-culturale, era avversato sia da taluni rappresentanti della classe dirigente che da certi intellettuali per le sue posizioni antitetiche rispetto “ai cauti distillatori di parole e posizioni”.

Gridare, denunciare costituivano il suo impegno, invocare un mondo nuovo era un dovere.

Gianfranco si scontrava quotidianamente con gli opportunismi, tali da fermare chiunque, ma non lui.  Ogni delusione, ogni sconfitta erano invece uno stimolo per andare avanti.

Ha impugnato le idee e le ha difese da sempre, da quando oltre trent’anni fa, con il suo operato, ha iniziato a combattere la sua strenua battaglia.

Nel novembre del 1976 uscì il “numero zero” della rivista Sardigna – Mensile indipendentista dei sardi, nato per impulso di Gianfranco Pinna l’editore e diretta da Gianfranco PintoreCarlo Cassola, Bustianu Dessanay, Ugo Dessy sono alcune delle firme che collaborarono alla rivista.

Nel maggio del 1977 diede vita al periodico Alfa-SardignaSardigna e Alfa-Sardigna furono i primi embrioni della sua vivace attività editoriale che si consacra con Sa Republica Sarda.  Fondata nel luglio del 1977 con la concessione della firma di Gustavo Buratti, intellettuale democratico, sensibile e strenuo sostenitore delle minoranze linguistiche.

Sa Republica periodico di politica, cultura, economia, divenne subito punto di riferimento attraverso la pubblicazione di un numero sterminato di documenti, relazioni, inchieste, interviste riguardanti quesiti incalzanti e diritti civili negati quali autoderminazione, nazionalità, “lingue tagliate” nonché dossier riguardanti tematiche e problematiche relative alla tutela e valorizzazione della lingua e della cultura sarda, con particolare attenzione verso ambiti sociali, politici, economici e culturali emarginati.

Gli obiettivi che Sa Republica persegue, oggi come allora, sono quelli di radunare sotto la testata, diventata nel corso degli anni punto di riferimento, personalità della cultura, della politica, dell’economia, per denunciare gli stravolgimenti politici culturali e socio-economici, imposti ieri dal colonialismo e oggi dalla globalizzazione, con il fine di tutelare le nostre radici, “i tratti” dell’identià del popolo sardo.

Imperniato su questi presupposti ideologici, Gianfranco Pinna, ha esordito ufficialmente nel campo dell’editoria fondando a Cagliari nel 1978 l’Alfa Editrice, una Casa che articola la sua produzione in due settori fondamentali: la pubblicazione del periodico Sa Republica, di libri e saggistica etnica e di riviste culturali.

L’attività editoriale fu sempre accompagnata dall’impegno politico e nel 1982, Gianfranco con Angelo Caria, Giampiero Marras e Bore Ventroni promosse a Bauladu la riunione di tutte le organizzazioni politico-culturali anticolonialiste, nazionalitarie e indipendentiste operanti nell’isola, dalla quale scaturirono i presupposti per la nascita nello stesso anno del Movimento politico Sardinna e Libertade.  A presiedere l’assemblea del congresso costitutivo di tale movimento vennero chiamati Fabrizio De André, Simone De Beauvoir e Ugo Dessy.  L’attività del movimento fu scandita nello stesso anno da numerose manifestazioni contro la persecuzione degli anticolonialisti e la repressione delle idee indipendentiste.

Gianfranco Pinna,da mecenate dell’editoria, ha promosso la nascita di numerosi periodici indipendentisti quali Iskra, Boge e Sardinna e Libertade, organo mensile dell’omonimo movimento.

L’attività di Sa Republica si è sviluppata con grande fatica mossa da quella peculiare linea politica che rompeva gli schemi.  L’impegno politico-sociale in prima linea era costantemente accompagnato dalla realizzazione di collane di approfondimento quali La biblioteca dell’Identità del 1987 nella quale spiccano Storia del teatro sardo, Storia dell’acqua in Sardegna e S’Istoria di Francesco Masala, La questione nazionale sarda di Gianfranco Contu e Federalismo, autonomie e nazionalità di Alberto Contu, il saggio di Salvatore Fiori Dal fascismo alla prima Democrazia Cristiana, nonché I nomi locali di Arzana, Urzulei e Villagrande Strisaili di Gianfranco Manos.

Il 1989 vede l’uscita di una notabile collana sulle opere di Ugo Dessy.  Gli obiettivi editoriali di Gianfranco Pinna basati sul suo grande eclettismo, si concretizzarono con l’uscita delle riviste, Sardegna segni della cultura popolare  dal 1988 e Gallura dal 1989.

Arriva il 1992 e in Italia scoppia “Mani Pulite”: Gianfranco Pinna,con il suo acume di giornalista e analista politico, fu profondamente colpito dal vortice che serrava l’Italia.  Il Bel Paese demonizzava Bettino Craxi: la semplice evocazione del nome scatenava una vera e propria isteria.  Solo poche voci si levarono contro: ecco che su Sa Repubblica, nel1993, vengono pubblicati i primi articoli critici sull’operato della magistratura.  In quei mesi Gianfranco Pinna contattò l’ex leader socialista.  Non si trattava di un avvicinamento scaturito da uníamicizia nata durante l'”età dell’oro”.  Craxi rappresentava per Gianfranco l’emblema di quell’accanimento della magistratura moralizzatrice che aveva deciso che i partiti erano il satana del sistema.  Aveva infatti intuito che si aveva a che fare con l’insolenza e lo strapotere delle procure rosse, che osannate dalla “stampa di regime” davano l’avvio alla distruzione dello Stato di diritto.  Il caso – Craxi era per Gianfranco il caso-simbolo di un uso spregiudicato e persecutorio della giustizia.  Forte di queste convinzioni, diede vita a numerose iniziative che avevano il fine di sensibilizzare l’opinione pubblica, sfatare falsi miti e cercare di riportare l’Italia nella via del rispetto dei diritti politico-civili.  La prima mossa fu la costituzione, nel febbraio del 1997, dei Comitati pro-Craxi, che nella stessa dichiarazione di principio sottolineavano che la finalità di costituzione: era chiedere, pretendere giustizia e verità.  Numerosi furono i consensi accordati all’iniziativa, non solo da parte di alcuni esponenti politici ma soprattutto dell’opinione pubblica.  Ne conseguì che l’attività dei comitati si affermò nell’isola in maniera capillare, suscitando plausi e conoscendo anche momenti di tensione e di forte polemica.  Il 2 giugno del 1997, in occasione del 115° anniversario della morte di Giuseppe Garibaldi, un banchetto dei Comitati pro-Craxi, allestito nella piazzetta Rossa a La Maddalena, fu incivilmente boicottato e ne fu impedita la raccolta delle firme.  Fu atto di intolleranza, di intimidazione politica, ma soprattutto un attentato alla libertà di pensiero e di parola, che tuttavia non scoraggiarono l’alacrità del comitato.

Passarono pochi mesi (luglio 1998) Gianfranco Pinna fu nuovamente in prima linea a Cagliari, insieme a Tiziana Parenti e Luca Josi, per presentare la Lega per la democrazia.  Non si trattava di un partito, né di un movimento politico, non si proponeva quindi competizioni elettorali.  L’obiettivo primo era quello di denunciare i caratteri fatiscenti della Seconda Repubblica, ristabilire la verità dei fatti, informare e contro-informare sulla reale condizione delle vicende politiche, degli uomini e delle molteplici realtà.  Tenere alto, quindi, quel principio in cui Gianfranco profondamente credeva, cioé la rivendicazione del diritto al lavoro e della libertà di lavoro.  Spezzare il vincolo perverso tra fazioni politiche, fazioni giudiziarie e fazioni dell’informazione.

Assieme all’attività della Lega per la Democrazia, Gianfranco Pinna ancora una volta impegnato con un gruppo di militanti socialisti, libertari e nazionalisti, ha inscenato una manifestazione non violenta, per protestare contro la raccolta di firme per l’abolizione della quota proporzionale, promossa dallí ex pm Antonio Di Pietro.  I manifestanti esibivano slogan: “Maggioritario po is meris, proporzionale po su populu” era il cartello portato da Gianfranco.  Il Paese viveva uno dei momenti di maggiore difficoltà e crisi della politica, che raggiunse il culmine con il cambiamento della legge elettorale.  Gianfranco, cosciente della gravità del cambiamento, sentiva il dovere di denunciare all’opinione pubblica il grave pericolo e l’involuzione culturale che l’Italia, e la Sardegna in particolare, correvano con l’introduzione del sistema elettorale maggioritario, che impedisce il dibattito e il confronto più ampio, togliendo voce alle minoranze politiche.

Il ritratto di Gianfranco Pinna vede quindi líuomo attivista politico e l’uomo di cultura, attraverso l’attività dell’Alfa Editrice che, particolarmente produttiva, dava vita a interessanti pubblicazioni quali Pittura e mito in Giovanni Nonnis di Placido Cherchi e l’Opera omnia di Francesco Masala.

La sensibilità nei confronti della Sardegna non si manifestava solo attraverso l’attivismo politico e gli interessi letterari, ma l’amore spasmodico per la sua terra lo portava a valorizzarne tutti gli aspetti etnico-culturali, attraverso la pubblicazione nel 1999 di opere come Terra Madre, acque, piante e animali di Sardegna di Nino Solinas, Antonangelo Liori, Francesco Masala e Paolo Pillonca e Sapori di Sardegna di Fernando Pilia e Nino Solinas.

Il 2000 vede l’immatura scomparsa ad Hammamet di Bettino CraxiGianfranco, sgomento e turbato, dedica un intero numero di Sa Republica al leader.  “Craxi, ucciso come Matteotti” era il titolo che rimbombava in prima pagina.

Negli ultimi tre anni la malattia gli ha reso la vita difficile, ma non gli ha impedito di continuare a perseguire i suoi ideali e a realizzare i suoi progetti, che miravano a approfondire lo studio dei variegati aspetti della cultura sarda.

La rivista Sardinna – cultura e identitade è una delle sue ultime fatiche, in lingua sarda, contrassegnata da quelle prestigiose firme che sempre hanno caratterizzato le pubblicazioni di Gianfranco Pinna, fra le quali: Franziscu Casula, Placido Cherchi, Micheli Columbu, Alberto e Gianfranco Contu, Armandino Corona, Francesco Cossiga, Ugo Dessy, Giovanni Lilliu, Antonangelo Liori, Giampiero Marras, Franziscu Masala, Mario Melis, Efis Pilleri, Zuanne Franziscu Pintore, Massimu Pittau, Matteu Porru, Mariu Puddu, Efis Serrenti, Nardu Sole, Eliseu Spiga, Mariu Vargiu.  L’opera affonda le radici negli ideali che da sempre hanno alimentato la vita di Gianfranco Pinna, intaccati talvolta da delusioni che tuttavia non ne hanno mai scalfito l’essenza.  In quest’ottica si inquadra il primo numero della rivista, con una copertina provocatoria “Do you remember the sardism?” che si apre con “un dossier verità sulla rivoluzione culturale sardista e sulle illusioni di una generazione”.  L’opera, alto-divulgativa, è densa di articoli tesi valorizzare la lingua sarda, nella ricchezza delle sue varianti.  L’attenzione di Sardinna non si concentra solo sull’isola, ma la rapporta al mondo e ai grandi eventi che hanno segnato e cambiato la nostra epoca come l’11 settembre o la questione palestinese.  Il credo politico di Gianfranco Pinna è imperniato sulla convinzione che “il sardismo non è soltanto autonomismo universale applicato alla Sardegna, ma anche e soprattutto il principio del socialismo rivoluzionario mondiale applicato al popolo sardo”.

La sua formazione, legata a questo principio, è stata fortemente influenzata dall’opera di Antonio Simon Mossa, maestro di ideologie, padre e teorico del nazionalismo sardo.  Gianfranco avrebbe voluto consacrare questo legame con il Mossa, attraverso una monografia curata da Giampiero Marras, non ha potuto farlo.

Fiero della sua “sarditudine”, sentiva che il recupero del mos maiorum era un dovere morale prima ancora che intellettuale.  Fra i suoi progetti vi era S’Iscola, una raccolta delle fiabe tradizionali della Sardegna, che Gianfranco non ha visto realizzata, ma che ha voluto fortemente.  Intendeva infatti compiere un’opera di archiviazione del patrimonio etnografico dell’Isola, ormai conservato solamente nelle memorie degli anziani.  Vi era inoltre un chiaro intento divulgativo, perché anche le nuove generazioni possano venire a conoscenza di un patrimonio culturale base della nostra società.

Questo era ancora il suo sogno, che i giovani sentissero la travagliata e meravigliosa storia della Sardegna come possesso perenne, traendo dalle glorie e dalle miserie del passato l’impulso per costruire il futuro.

Un progetto di Laras con il contributo della Fondazione di Sardegna in collaborazione con Alfa Editrice