Sa Republica Sarda, l’impegno di sempre.

Era il 1976, gli ultimi mesi dell’anno, quando il numero zero del giornale venne dato alle stampe. Fu il naturale risultato di oltre due anni di incontri, confronti e dibattiti promossi da Gianfranco Pinna a Cagliari e a Sassari, a Nuoro e in Gallura con giornalisti, intellettuali e militanti coinvolti nel progetto e animati dal persistere in Sardegna di una forte tensione politica e sociale. Il primo direttore responsabile del giornale fondato da Alfa Editrice fu Gianfranco Pintore e la sede San Sperate.

Il periodico mensile prese il nome di Sardigna. Tuttavia, dopo tre mesi, la collaborazione tra Pintore e Alfa Editrice volse al termine e Gianfranco Pinna nel 1977 fondò, sempre come Alfa Editrice, una nuova testata, Sa Republica Sarda, un nome che non lascia spazio ad equivoci o fraintendimenti.
Sa Republica Sarda divenne un mensile bilingue a diffusione regionale con la propria redazione nella città di Quartu Sant’Elena. L’obiettivo era quello di far accrescere “la coscienza etnica ed etica e di appartenenza alla comunità sarda” e divenne una preziosa fonte di dibattiti per la valorizzazione della lingua e della cultura sarda: uno strumento culturale insostituibile per chi portava avanti i concetti di sardità, nazione e identità, un laboratorio aperto al confronto e al reciproco arricchimento con le culture di altre minoranze etniche e linguistiche in Europa e nel mondo.

Vi collaboravano i più importanti intellettuali della Sardegna e non solo: Giulio Angioni, Giampiero “Zampa” Marras, Gustavo Buratti, Angelo Caria, Carlo Cassola, Francesco Casula, Bettino Craxi, Fabrizio De André, Ugo Dessy, Placido Cherchi, Michele Columbu, Gianfranco Contu, Armandino Corona, Giannino Guiso, Giovanni Lilliu, Francesco Masala, Mauro Mellini, Fernando Pilia, Alessandro Pizzorusso, Matteo Porru, Sergio Salvi, Luigi Lombardi Satriani, Antonello Satta, Eliseo Spiga, e tanti altri ancora. Sa Republica Sarda pubblicò un numero sterminato di documenti, relazioni, inchieste, interviste riguardanti quesiti incalzanti e diritti civili negati, quali autodeterminazione, nazionalità, “lingue tagliate”, nonché dossier riguardanti tematiche e problematiche relative alla tutela e valorizzazione della lingua e della cultura sarda, e ad ambiti sociali, politici, economici e culturali emarginati.

Sa Republica Sarda divenne l’unica voce per chi abbracciava queste posizioni, con coerenza, coraggio e onestà intellettuale. Una testata da cui vennero banditi gli ammiccamenti e servilismi che spesso caratterizzavano la stampa del periodo generalmente legata a doppio filo con il potere politico dominante del periodo di cui si faceva portavoce e lacchè. Sa Republica Sarda si fece voce e megafono di un nuovo ruolo che in tanti reclamavano per la Sardegna, già in passato fervido centro culturale, poiché convinta che solo il dibattito culturale possa erigersi a motore per la crescita dei popoli, per il trionfo della giustizia e della libertà.
Un’occasione di riflessione sulle trasformazioni avvenute in Sardegna dagli anni ‘70 ad oggi e sulle problematiche e sulle dinamiche socio-economiche che hanno consentito il perpetrarsi di certi fenomeni: la disoccupazione dilagante, la massiccia diffusione di modelli culturali estranei, lo smarrimento delle giovani generazioni, il senso di insicurezza diffuso, la perdita dei valori a cui si aggiunge l’immobilismo del governo regionale di fronte a queste emergenze.

Oggi, più di allora, le tensioni politiche, sociali ed economiche che pervadono la nostra terra rendono necessaria una voce indipendente che, sottraendosi alle logiche clientelari e dei potentati, possa ridare dignità e voce a tutti coloro i quali vedono nella nostra terra non più un’isola lontana dal mondo, ma al contrario una terra che di questo mondo vuole diventare protagonista. In Sa Republica Sarda sono cambiati i nomi, i volti, alcuni più giovani, altri non sono più tra noi, altri ancora vedono colorarsi di cenere i capelli, ma tutti indomiti combattenti delle battaglie di sempre animati da un impegno sempre maggiore.

Nuovi scenari si aprono ora e nuovi strumenti abbiamo a disposizione.
Saranno i nuovi spazi virtuali privi di confini ed immediatamente fruibili da chiunque, che consentiranno a Sa Republica Sarda di continuare a rivendicare i diritti negati. Uno strumento snello e aperto, finalizzato da un lato a salvare il patrimonio storico-giornalistico del giornale e dall’altro, il blog, a dare voce, libertà di informazione e diritto di cronaca a chi ne è stato privato, con un rapporto diretto con chi condivide con noi questo manifesto.