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Nivola Elisa

La pedagogia a servizio della comunità, come pratica ed esercizio della non violenza: una tela composta da micro-trame, talvolta impercettibili, che intrecciano relazioni, memorie, comportamenti sociali, storie, persone. È questo il nucleo fondante contenuto nell’opera di Elisa Nivola, ispiratrice di un progetto educativo plurale, inclusivo e partecipativo, incentrato sui giovani e la loro terra, la Sardegna. Un telaio di studio e di ricerca che ha decifrato il tessuto sociale sardo attraverso l’arte del dialogo, dell’ascolto e della riflessione. 

“Sa tessidora de paghe”, così definita, Elisa Nivola è stata una delle più grandi pensatrici italiane del ‘900 anche oltre i confini insulari. 

Nata a Orani nel 1926, dedica tutta la sua vita alla formazione. Maestra elementare a Sassari e a Cagliari fa dell’insegnamento una vocazione al dono pedagogico. La sua è quasi una missione di sussidiarietà militante, ovvero un mettersi a disposizione del prossimo, prendere parte attivamente ai processi di confronto collettivo, esserci in prima persona. L’insegnamento, dunque, diventa in questa visione una didattica sociale, o meglio ancora l’elaborazione di un progetto di educazione culturale utile al germoglio di un nuovo sentimento identitario.  La radice di questo pensiero nasce negli anni ’50, con la frequentazione di un corso di formazione educativa ed assistenziale al Bureau de l’Éducation National di Ginevra. È in questo periodo, la cosiddetta stagione svizzera, che Elisa Nivola ha modo di confrontarsi con studiosi e teorici di tutto il mondo, maturando una passione per l’insegnamento che risentirà fortemente dell’incontro con la pedagogia innovativa di maestri come Forel e Ferrière, fautori di nuove forme per una scuola attiva, concepita in senso lato come una comunità educante. 

Al suo rientro in Sardegna la Nivola decide, dunque, di iscriversi alla facoltà di pedagogia di Cagliari per perfezionare i suoi studi. Inizia così una vita accademica densa di incontri che cambieranno per sempre la sua vita. Su tutti, la docente Cecilia Motzo D’Accadi, prima donna in Italia a insegnare filosofia, poi, il grande incontro con il professore di Filosofia morale Aldo Capitini, pensatore ascetico, quasi mistico, per molti il Gandhi italiano, con cui Elisa Nivola prepara la tesi di laurea, incentrando la sua ricerca sulla Riforma Gentile. “Fu un incontro indimenticabile” rivela lei stessa nell’ultimo articolo scritto per L’Unione Sarda, intitolato “Aldo Capitini, il potere è di tutti”. La Nivola diventa infatti assistente del grande luminare, ma anche sua discepola ed erede, e nel 1962, vinto il concorso, è professoressa associata, insegnando Storia della Pedagogia nell’Università di Cagliari, fino al 2001. 

Diversi i progetti che la vedono impegnata in prima linea: la battaglia contro la dispersione scolastica, la valorizzazione delle biblioteche, la diffusione del bilinguismo, il rapporto globale/locale. Per molti suoi studenti la Nivola rappresenta “l’educatrice che sta dalla parte degli ultimi”. Ed è proprio questo amore per i bordi che la caratterizza in tutto il suo percorso. È presente a Cagliari, nei quartieri più difficili, ad esempio nella scuola di via Podgora, dove cerca di portare la sua idea di scuola oltre la scuola: insieme agli alunni dipinge porte e pareti coinvolgendoli in un processo educativo che va oltre il rigido insegnamento. All’Università promuove il Seminario di Educazione Permanente, aperto a tutti gli universitari di ogni facoltà, un’esperienza che durerà dieci anni formando tantissimi studenti e studentesse.

Forte dell’inesauribile influenza di Capitini, la Nivola – che entra in contatto anche con il grande sociologo e intellettuale Danilo Dolci – vive la pedagogia come valorizzazione di un agire creativo, un atto d’amore per la sua terra, un linguaggio di crescita orizzontale, che nasce dal basso. Apprendere insieme ai propri alunni, crescere con loro, assecondarli nelle loro passioni, questa la bussola pedagogica che orientava il suo percorso. Un lavoro che, parallelamente, comportava il necessario recupero della cultura locale, ovvero “il repertorio e laboratorio dell’organizzazione delle abilità di base, un luogo fondamentale dell’iterazione sociale, ma anche della strutturazione dinamica del comportamento e dell’acquisizione di codici culturali in forma dialettica, utili a superare pregiudizi e stereotipi intellettuali”. 

Per queste ragioni Elisa Nivola puntava molto sulla diffusione del sardo, ritenendo che proprio la dimensione linguistica identitaria fosse un valore insuperabile non solo a livello politico, ma per l’affermazione complessiva della personalità.    

Numerosissimi, su questi temi, i suoi scritti. Su tutti, “Tessiduras de paghe”, ma anche “Pedagogia e non violenza”, oltre ai tanti articoli pubblicati dalla Rivista “Nazione sarda” (di cui fu fondatrice con Eliseo Spiga e Antonello Satta), e la fitta collaborazione con “Sa Republica sarda”.

Una vita, quella della Nivola, costellata di battaglie civili e di impegno politico: dall’ecologia all’antimilitarismo, dall’educazione alla non violenza, all’affermazione di una democrazia diretta. Tutte istanze nelle quali l’autrice ha testimoniato in prima persona le sue idee, schierandosi apertamente e giungendo anche alla candidatura con Democrazia proletaria sarda. 

Muore nel 2008, lasciando una lezione indimenticabile di educazione alla pace. Una vita dedicata alla condivisone sociale del sapere e al lavoro incessante per “gli ultimi”.

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