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Lilliu Giovanni

Universalmente riconosciuto come il massimo punto di riferimento della civiltà nuragica e dell’archeologia moderna, Giovanni Lilliu è il Sardus Pater del popolo sardo(titolo insignitogli dal governo della Regione Sardegna nel 2007), colui che ha letteralmente scavato, scritto e insegnato una nuova prospettiva per la Sardegna, connettendola col più vasto mondo a partire dalle sue radici più ignote e ancestrali.  Lilliu, infatti, ha saputo disegnare un nuovo presente portando alla luce una storia e un passato sepolti per millenni. 

Intellettuale tra i più importanti di tutto il Novecento – organico al popolo e non al sistema – questo piccolo uomo della Giara è stato un gigante del secolo scorso, al pari di nomi come la Deledda, come Gramsci o come Lussu, di cui Lilliu è stato a lungo amico e interlocutore. 

La sua autentica capacità comunicativa, marcata da un linguaggio chiaro e fortemente personale – mai banale e mai privo di rigore scientifico – ne fanno una figura originalissima. Lilliu è stato in grado di avvicinare il popolo alle sue scoperte, rendendolo partecipe del suo pensiero e uscendo dall’accademia per incontrare la gente. Lo ha fatto scrivendo e su diverse riviste e testate regionali, in particolar modo L’Unione sarda e La Nuova Sardegna, e assegnando ai media e al dialogo un ruolo fondamentale per la creazione di una nuova coscienza di popolo: la consapevolezza che essere sardi significa prima di tutto sentirsi eredi e custodi di un grande passato.

Una vita, la sua, dedicata alla ricerca, allo studio, alla passione per l’insegnamento (professori de “is perdas beccias”, così lui si definiva), è stato un archeologo di fama mondiale e un intellettuale capace di un’immensa produzione bibliografica che lo ha reso celebre oltre i confini insulari. 

Nato a Barumini il 13 marzo del 1914, si laurea in Lettere classiche e si specializza alla Scuola Nazionale di Archeologia a Roma. Dal 1943 al 1955 ricopre parecchi incarichi di insegnamento presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Cagliari e negli stessi anni opera come archeologo all’interno dell’allora Soprintendenza alle Antichità della Sardegna. Un percorso, quello di archeologo sul campo, che lo porterà alla scoperta della reggia nuragica di Su Nuraxi, a Barumini, suo paese natale: uno scavo prodigioso, che grazie a Lilliu aggregherà il coinvolgimento di tutta la comunità, portando alla luce uno dei siti nuragici più importanti e famosi della Sardegna, dichiarato nel ‘2000 patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco.

Ma il Sardus Pater (morto a Cagliari nel 2012, all’età di 97 anni) è stato anche autore delle più importanti opere e pubblicazioni sull’archeologia della Sardegna, e come storico è stato ispiratore della “Costante resistenziale sarda” (opera pubblicata per Fossataro, nel 1972), ovvero la nota corrente storiografica che Lilliu sintetizza in questa chiara definizione: “Quell’umore esistenziale dell’essere sardo, come individui e come gruppo, che in ogni momento, nella felicità e nel dolore delle epoche vissute, ha reso i Sardi costantemente resistenti, antagonisti e ribelli, ma non nel senso di voler fermare, con l’attaccamento spasmodico alla tradizione, il movimento della vita e della loro storia, ma di sprigionarlo quel movimento, attivandolo dinamicamente dalle catene imposte dal dominio esterno”. 

Lilliu coglie nel diffuso sentire del suo popolo una resistenza che ha consentito di conservare, nonostante l’azione disintegrante dell’oppressione esterna, sia la cultura che la lingua e i valori sociali della civiltà contadina e pastorale. Una costante resistenziale tradita però dalla classe dirigente, sempre prona nel subalterno ingraziarsi il favore del principe di turno.

Ed è questa la denuncia che anima il pensiero del grande archeologo di Barumini: il diffondersi di un’alienazione culturale che favorisca il conformismo di chi rinunzia a sé stesso, mimetizzandosi con i panni dei colonizzatori e diventando così colonizzato e complice.

L’impegno scientifico e accademico di Lilliu lo ha visto sempre in prima linea. Unico sardo nell’Accademia dei Lincei, ha sempre condotto la battaglia per il bilinguismo perfetto, impegnandosi per la parificazione della lingua sarda con quella italiana.

Nel 1975, come Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia di Cagliari, chiedeva con una lettera indirizzata al Presidente della Regione Sarda, un intervento politico presso il Ministero della Pubblica Istruzione per l’insegnamento della lingua sarda nelle scuole. Una richiesta che faceva seguito ad una coraggiosa e storica risoluzione adottata dalla stessa Facoltà di Lettere in merito alla difesa del patrimonio etnolinguistico sardo. Così scriveva Lilliu: “Il Consiglio ha constatato che gli indifferibili problemi della scuola appaiono oggi non risolvibili in un generico quadro nazionale. Il fatto stesso che la scuola sia diventata scuola di massa comporta il rifiuto di una didattica assolutamente inadeguata, in quanto basata sull’apprendimento concettuale, attraverso una lingua, l’Italiano, per molti aspetti estranea al tessuto culturale sardo. Il Consiglio, dunque, rilevato che esiste il popolo sardo, con una propria lingua dai caratteri diversi e distinti dall’italiano, ha assunto l’iniziativa di proporre alle autorità politiche della Regione e dello Stato il riconoscimento della condizione di minoranza etnico-linguistica per la Sardegna, concependo la Lingua Sarda come lingua “nazionale” della minoranza.

Giovanni Lilliu, dunque, oltre che uno studioso è un militante che si è sempre battuto per la libertà e la prosperità della Sardegna. Da storico, da archeologo, da professore, la sua intelligenza creativa è sempre stata vivificata da una forte motivazione politica o, se si preferisce, etica (da sottolineare al riguardo “Le ragioni della politica”, a cura di Alberto Contu, Zonza 2006). È lui stesso ad ammetterlo e riconoscerlo con orgoglio: “Le mie concezioni politiche – scrive – sono strettamente intrecciate con la mia professione di archeologo, perché politica e archeologia sono un unicum inscindibile. I miei scritti sull’archeologia non mancano di avere riscontri nel presente. E la ‘costante resistenziale sarda’ deriva proprio dalle mie riflessioni sul passato. Ecco perché mi ritrovo bene nella definizione di ‘archeologo militante’. Grazie all’archeologia, intesa appunto in senso militante, ho derivato l’idea che sia necessario incorporare il passato per aprirsi all’avvenire. È questo il senso del binomio ‘radici-ali’. In un mondo estraniante e omologante, i giovani sardi devono sforzarsi di ritornare alle proprie radici e aprirsi, coltivando l’amore per la Sardegna vista nell’universo mondo. Non si può essere cittadini del mondo fuori dalle radici locali”.

La verità è che Giovanni Lilliu nell’interpretare gli eventi di cui è testimone, o nel ripercorrere i sentieri misteriosi dei millenni, ha sempre un punto di riferimento al quale raccordarsi in forma diretta, semplice e immediata: la Sardegna, la sua gente e l’umana vicenda del popolo sardo. Una dimensione che, sottolinea “pur locale diventa parte essenziale ed integrante dell’universale”.

Queste le sue parole, un testamento di identità e di proiezione nel futuro: “Sono nato a Barumini, un paesino della Marmilla e ne sono orgoglioso perché il paese è il luogo più vicino all’umanità. Mi piace ricordare il poeta rumeno Lucien Blaga – amato dal compianto amico Antonello Satta – che citava sempre un verso bellissimo e universale: ‘L’eternità è nata nel villaggio’. Ecco, devo molto alla civiltà contadina e ai suoi valori comunitari, perché chi è senza radici perde il “plusvalore” dell’identità e non sa più camminare sicuro nel mondo”.

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