Se c’è un nome che ha saputo coniugare sapientemente il genere della fiaba con l’uso della lingua sarda – più in aderenza con la sua variante campidanese – questo è, di certo, Franco Carlini. Artigiano della parola creativa, scrittore e poeta bilingue (da molti definito come il “Rodari sardo”), l’autore nato a Vallermosa (Cagliari) nel 1936, rappresenta un riferimento di studio per la tradizione orale e popolare della narrativa sarda, rovesciando per molti aspetti la convinzione che il repertorio di fiabe in Sardegna fosse complessivamente meno ricco di quello di altre regioni italiane. Con le sue pubblicazioni Carlini mostra, infatti, una prolifera produzione letteraria, ma non solo: in lui affiora anche l’abilità di sfilarsi da artificiali unificazioni linguistiche o ortografiche, riproponendo parole e detti del passato non più correnti, benché nativi della variante campidanese che l’autore padroneggia con talento e duttilità.
È una figura di respiro extra-insulare Carlini, laureatosi a Roma in Lettere moderne con una tesi su Italo Svevo, nella capitale italiana diventa redattore di “Radio Città Futura” e fonda la rivista “Sardigna Emigrada”, di cui è anche direttore. Un’attività, quella di critico letterario, che si estende anche a “Il Manifesto”, “Paragone-Letteratura” e “Umana”.
Al suo rientro in Sardegna insegna nelle scuole superiori Letteratura italiana e storia, instaurando una collaborazione con la rivista “S’Ischiglia” e molti altri periodici orbitanti nell’area del neosardismo: da “Su populu sardu” a “Nazione sarda”, da “Tempus de Sardinnia” a “Sa Republica sarda”. Oggi si occupa quasi esclusivamente di letteratura, scrivendo di poesie e racconti. Da annotare la raccolta del 2001 tradotta in inglese da Jack Hirshman, “A Mountain under a Bridge”, Marimbo.
Quella di Carlini è una fitta e intensa scrittura, una dedizione che inizia fin da giovanissimo, a 14 anni, con una totale immersione nei paesaggi semantici della fiaba e della poesia, una passione che nel tempo gli varrà prestigiosi riconoscimenti: nel 1980, il prestigioso Premio Ozieri per l’opera poetica” Terra Iuazza”, nella sezione “Emigrati”, e nel 2002 il Premio Grazia Deledda, con il romanzo “Basilisa”, nella sezione letteratura in lingua sarda.
Le sue sono storie tratte in gran parte da Vallermosa, il suo paese natale, dove il soggetto narrante coincide con la “straordinaria affabulatrice zia Catalina Porcu”, scomparsa a 98 anni, che vinceva la solitudine e i guai della sua lunga vecchiaia ripetendo a sé stessa le fiabe narrate a generazioni di compaesani. Non solo. Nel paesaggio fiabesco di Carlini compaiono anche molte riscritture estratte dalle regioni di Tempio, Borore, Sassari, Nuoro, territori lontani dal campidanese, eppure mai dissonanti nella differente parlata scelta dal poeta. Ne emerge così un’assoluta magia linguistica, cadenzata da temi e motivi universali, ma nelle cui trame sono ben riconoscibili le acclimatazioni della cultura contadina sarda, i suoi oggetti e i suoi usi.
Nel vasto indice delle opere spiccano diverse raccolte poetiche: “Biddaloca” (Paese stolto), Edes 1989; “Murrupintu” (Murale), Edes 1991; “Sa luna ingiusta” (La luna bagnata) Condaghes, 2004, con prefazione di Giulio Angioni e illustrazioni di Efisio Cadoni; “Su conillu beffianu” (Il coniglio beffardo), Alfa Editrice 2004, con la prefazione di Francesco Casula, che dal suo canto mette in rilievo “il linguaggio spassoso e carico di deflagrazioni umoristiche, dalle grandi capacità allusive”. Nel 2005 segue la pubblicazione del volume di favole, “Marxani Ghiani e ateras faulas” (Volpe Ghiani e altre favole), Edes, sempre in lingua sarda.
In lingua italiana pubblica per le Edizioni Quaderni del Pavone: “L’Asino d’argento” (2002), un poemetto scherzoso scritto a quattro mani con Efisio Cadoni e delle brevi raccolte di poesie: “Lo zoo” (2006), “Dialogo a una voce” (2007) e “Parole contate” (2010). Nel 2011 pubblica “Raimondo Fresi. Il teatro. Biografia e analisi delle opere” edizioni Edes.
Un’altra sua grande opera è “Sa domu de s’orcu” (Edizioni della Torre, 2013), in lingua campidanese con la traduzione in italiano, contenente 30 piccoli racconti, in gran parte frutto di una ricerca orale sul campo, con l’aggiunta dell’entusiastica prefazione dell’antropologo Giulio Angioni, che scrive: “Franco Carlini ha voluto fare per la narrativa tradizionale della Sardegna, soprattutto meridionale, quello che hanno fatto, per esempio, Italo Calvino per l’Italia molto di recente, qualche secolo fa Perrault per la Francia, i Grimm per la Germania in epoca romantica, e magari prima ancora qualcuno delle parti della Persia per Le mille e una notte e prima ancora Fedro ed Esopo per Roma e Grecia antiche, e magari anche Omero”. La sua opera più recente è “Sa mama de Pedru e àteras faulas”, edizioni Edes, del 2018, che mostra ancora una volta la maestria creativa di un autore capace di coniugare l’autentica lingua dell’oralità con la sofistica grammatica della fiaba.